Noemi

anoressia

Sono Noemi e ho 23 anni.
Ieri, ho vissuto con un mostro: l’Anoressia.

Oggi, convivo con me stessa e vivo per me stessa.
Ieri ignoravo la “gioia” nel significato nascosto del mio nome, oggi la indosso come il mio vestito
più bello.

Ieri è quando tutto è iniziato. Non posso dire quando, non posso dire dove, ma posso dire come e con quale intensità. Non c’è stato un giorno, un’ora, un luogo, una persona. Ci sono stata io e la mia testa, incasinata, persa e sola.

Mi sono svestita della gioia quando ho deciso che non andavo più bene. Non andavo bene a me stessa, non andavo bene agli altri.
Ho deciso che non mi piacevo e che non piacevo.
Mi sono convinta che i baci, gli abbracci e le carezze non fossero destinati a me. Non li meritavo e
non li comprendevo.

Ho pensato che cambiandomi avrei potuto iniziare a volermi bene, a vedermi bella, a sentirmi
soddisfatta. Non mi sarei più confrontata con le altre ragazze, non avrei più dovuto sollevare le mie
compagne di danza nelle prese. Avrei potuto essere io la farfalla leggera da far danzare e ammirare. Ho pensato che cambiando il fuori avrei aggiustato il dentro.

Ho pensato che la bellezza non fosse da cercare dentro di me. L’ho cercata altrove, nella dieta, nel
controllo, nella negazione, nei doveri, nei limiti, nella frustrazione, nei complimenti, nei no.
Così è stato l’inizio: sfumato, silenzioso, subdolo, quasi impercettibile. Ha costruito giorno dopo
giorno la culla per un mostro più grande di me, che mi avrebbe affossata, disintegrata, sostituita.
Un mostro che mi ha allontanata dalla mia spontaneità, dalla mia spensieratezza, dalla mia
giovinezza.

L’Anoressia mi ha illusa di essere brava e forte.
L’Anoressia mi ha illusa di avere il controllo su una vita che mai ci permetterà di averlo.
L’Anoressia mi ha illusa di poter un giorno essere perfetta.

Cazzata.
Una grandissima presa in giro.

L’inizio di un idillio si è trasformato in un film thriller, dal finale prevedibile, sconvolgente, inquietante e drammatico. E io, come in tutti i film di questo genere, mi sono coperta gli occhi con le mani, non volevo vedere e credere a quella fine. Pensavo ad un ripensamento del regista, ad un seguito diverso in cui tutti sarebbero stati per sempre felici e contenti. In questo scenario alquanto disperato e oscuro, c’è stato un colpo di scena, uno di quelli per cui la musica cambia facendoti sobbalzare e spaventare. Un colpo così forte che mi ha strappato la mano dagli occhi obbligandomi
a guardare, a guardarmi. Era diventato un film paranormale. La vera realtà però, non era quella che mi ero costruita ma quella in cui io non sapevo più vivere, al massimo quella in cui provavo a sopravvivere, a boccheggiare, a recitare.

Non ricordo l’inizio esatto in cui l’Anoressia ha preso possesso della palla per fare gol, ma ricordo con esattezza il secondo, il minuto, l’ora e il giorno in cui ho deciso di curarmi. Curare contiene la radice del verbo “guardare”: quando guardi qualcosa o qualcuno, ne diventi responsabile. Curare e
curarsi implica assumersi la responsabilità di aver visto, di essersi visti. Io mi sono guardata e sono stata guardata. Sono stata accolta, con occhi delicati e attenti, con parole dolci e incisive.

Ho scelto di iniziare la terapia, mi sono affidata e sono stata accompagnata giorno dopo giorno da ieri a oggi.

Quella scelta mi ha permesso di riscoprire la vita. Lo dico a tutti, lo ripeto a me stessa: la
psicoterapia non ti cambia. Non mi cambia. Io non sono un’altra Noemi. Io sono la Noemi di 23
anni, quella che indossa un nome che significa gioia, quella che ha sofferto e che soffre, quella che
ha amato e che ama. Io sono io, ma per dire ciò mi sono curata. La psicoterapia mi ha presa per
mano, mi ha aiutata a togliere uno strato di polvere dopo l’altro, a scendere i gradini invece di
salirli, a scavare come un palombaro alla ricerca di ciò che si nasconde sotto la sabbia, nell’oscurità
della terra, nel calore del cuore. Io non mi sono trovata, mi sono RI-trovata. Mi ero persa e con
volontà e curiosità mi sono cercata. È un po’come giocare a nascondino, solo che si conta un po’ di
più. Ci vuole più pazienza perché i nascondigli sono molti, ci vuole più fiato perché a volte è
necessario tenere il passo, ci vuole più tenacia perché quando finisci di contare, devi ricominciare.

Soprattutto ci vuole fiducia.
Fidati di chi sa come aiutarti.
Fidati degli strumenti che hai e che non pensi di poter avere.
Fidati di te e del tuo desiderio di stare bene.
Fidati della vita.

Lei non ci chiede di essere perfetti, ci chiede solo di imparare a viverla, giorno
dopo giorno, in modi sempre nuovi e diversi, semplici e complessi.
Fidati anche di me, perché anche io mi sono fidata.

Oggi io mi sento Bella, perché sono autentica.
Oggi mi piacciono tante cose che prima non credevo possibili.
Mi piacciono i miei occhi, la mia sensualità, la mia maturità, la mia ingenuità.
Mi piace essere seria, mi piace essere bambina. Mi piace essere riflessiva, mi piace essere istintiva.
Mi piace arrabbiarmi, mi piace ridere. Mi piace ascoltare, mi piace parlare. Mi piace studiare, mi
piace rilassarmi.

Oggi mi piace essere il contrasto, l’opposto. I due poli che generano equilibrio. Questa sono io.
Questa voglio essere io.

Finalmente.


Fidati se ti dico che la psicoterapia non è magia, è archeologia. Scavi, scopri, scavi, scopri.
E farai
delle scoperte straordinarie, incantevoli, sorprendenti. Scoprirai che ne vale davvero la pena, sempre. Allora prendi quel biglietto di ingresso e non tornare più indietro. Questo viaggio di scoperta non finisce mai, ed è lì il bello.

Testimonianze