Fame emotiva: imparare a riconoscerla e gestirla


La fame emotiva si differenza dalla fame fisica, data dalla necessità fisiologica di nutrirsi,
per diversi motivi.
Solitamente la fame emotiva tende ad essere conseguente ad uno o più episodi, eventi,
o stati d’animo che vengono valutati dalla persona come stressanti, dolorosi o difficili da
gestire.
Il cibo diviene così uno strumento atto a colmare una sensazione di vuoto, affrontare
uno stato emotivo doloroso o a gestire uno stato d’animo difficile da elaborare.

Perché il cibo ci fa sentire meglio?

Vi sono diverse ragioni per le quali il cibo può diventare un pericoloso alleato per lenire emozioni dolorose o amplificare i momenti di gioia. Talvolta questa associazione può diventare problematica, quando mangiare diventa la via preferenziale per regolare le emozioni, potendo arrivare a configurarsi come un vero e proprio disturbo.

Infatti, la presenza di fame emotiva o di condotte di abbuffata (ovvero momenti in cui una persona mangia molto di più di quanto la maggior parte delle persone mangerebbero nello stesso momento e in circostanze simili) associata ad emozioni di forte vergogna, colpa e sensazione di perdere il controllo, sono tipiche di alcuni disturbi alimentari come la Bulimia Nervosa e il Disturbo da Alimentazione Incontrollata (come emerge dalla definizione riportata nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali). Nella Bulimia Nervosa sono presenti condotte di abbuffata seguiti da comportamenti di compenso, come il vomito autoindotto, il digiuno o l’uso improprio di lassativi, mentre il Disturbo da Alimentazione Incontrollata è caratterizzato dai medesimi episodi di alimentazione incontrollata ma senza condotte di compenso o eliminazione.

Alla base dell’alimentazione emotiva e delle condotte di abbuffata ci sono diversi fattori. Ricorrere al cibo può infatti diventare un automatismo a causa del ruolo di credenze metacognitive come il “desire thinking“, ovvero la tendenza a pensare che solo il cibo possa dare sollievo ad una emozione negativa, oppure come conseguenza di pensieri disfunzionali, come il pensiero “tutto o niente”, che porta chi soffre di abbuffate a pensare che ogni abbuffata sarà l’ultima, amplificando l’abbuffata stessa.

Un altro ruolo centrale è rivestito dall’impulsività e dalla disregolazione emotiva, aspetti che amplificano la sensazione di “urgenza” collegata all’abbufata. L’impulsività infatti, contribuisce alla difficoltà di resistere al desiderio di mangiare, potendo inoltre incrementare la sensazione di perdita di controllo durante l’episodio. 

La fame emotiva infine può essere associata ad un eccesso di restrizione dietetica cognitiva, in cui vi è il tentativo di seguire un regime alimentare rigido, restrittivo e poco salutare, non sufficiente a soddisfare i bisogni nutrizionali della persona.

L’eccesso di restrizione attiva meccanismi biologici che slatentizzano comportamenti di disregolazione alimentare, come tentativo dell’organismo di ripristinare un assetto calorico che mantiene l’omeostasi precedente, motivo per il quale spesso le diete eccessivamente restrittive difficilmente funzionano e sono alla base dell’effetto yoyo sul peso.

Infine, un contributo interessante che potrebbe spiegare come mai per alcune persone è così difficile interrompere questo meccanismo, arriva da alcuni studi di neurobiologia. Successivamente all’ingestione di cibo infatti, in particolare di determinate categorie di alimenti ritenuti altamente appetibili come i dolci, si attiva a livello cerebrale un circuito noto come sistema della ricompensa, che porta ad un incremento nel rilascio di dopamina, una catecolamina coinvolta nella sensazione di piacere e nella reiterazione delle azioni che ne hanno causato un incremento. Questo meccanismo sembrerebbe essere alla base di molte dipendenze comportamentali, tra cui appunto quella da cibo.

Come imparare a riconoscere e a gestire la fame emotiva?
Vi sono alcuni segnali ai quali si può prestare attenzione per riconoscere la fame
emotiva:

  1. solitamente è conseguente ad eventi o stati d’animo ritenuti stressanti o dolorosi
    per il soggetto
  2. compare anche poco dopo aver mangiato
  3. è presente in orari o momenti della giornata nei quali di solito l’individuo non è
    solito avere fame (es. di notte, la sera tardi)
  4. conduce a condotte di abbuffata, non solo oggettiva ma sopratutto soggettiva,
    ovvero mangiare più di quanto la persona mangerebbe in circostanze simili
    Per aiutarsi a gestire la fame emotiva può essere utile:
  5. scrivere le proprie emozioni
  6. se la fame emotiva porta a condotte di abbuffata, evitare successivi periodi di
    restrizione
  7. imparare a riconoscere i segnali fisiologici di fame e sazietà
  8. nel momento in cui la persona riconosce di avere una fame di tipo emotivo,
    cercare di distrarsi dall’impulso di mangiare, svolgendo delle attività alternative
    che siano piacevoli per la persona. Spesso è utile scrivere un elenco di attività che
    la persona potrebbe mettere in atto qualora si verificasse l’episodio (ad esempio
    passeggiare, chiamare un amico, ascoltare della musica)
  9. avere a disposizione degli snack salutari (come ad esempio frutta o verdura) ed
    evitare di avere facilmente a disposizione cibi ad alto contenuto calorico, che
    possono portare ad abusarne e vivere successivamente sentimenti di ansia e
    colpa, generando un pericoloso circolo che si auto-alimenta.

I consigli pratici possono rivelarsi utili, ma l’unica soluzione per gestire la fame emotiva,
rimane quella di imparare e riconoscere e gestire i propri stati d’animo, soprattutto quelli
più dolorosi e difficili, attraverso un percorso di psicoterapia che aiuti la persona a
mettere in atto strategie funzionali e durature.

A cura di: Dott.ssa Rebecca Rossi – Psicologa clinica

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