“Mi sento brutta”
Donne allo specchio
Il corpo della donna è da sempre oggetto di confronti, strumentalizzazioni e tabù, ma da quando è diventato un problema anche per noi donne ? I primi contatti con lo specchio si hanno verso i due anni, quando impariamo a riconoscere l’immagine che vi viene riflessa e impariamo a chiamarla “io”, è però verso l’adolescenza che questa immagine riflessa diventa centrale per la costruzione della nostra identità, assumendo così nuovi significati. “Mi sento brutta” può quindi diventare una vocina che diventa via via nella nostra testa, assordante.
Sempre più ragazzine iniziano verso i 12 anni (anche se gli ultimi dati parlano di bambine di 8-9 anni di età) a studiare il proprio corpo allo specchio non più come il riflesso fisico della nostra persona, ma come un “oggetto” che può essere apprezzato o disprezzato, ma soprattutto modificato, per adeguarsi a dei canoni estetici più o meno espliciti e riconoscibili. “mi sento brutta” è forse la frase che questa fase nasce spontanea. È in questo momento infatti che il corpo diventa simbolo non più di ciò che siamo ma di ciò che “vorremmo essere” ed ecco che la nostra immagine riflessa cambia, diventando ricettacolo delle nostra paure e insicurezze. Quante adolescenti delegano alla moda la ricerca di una propria identità che fanno così fatica a trovare ?
Così lo specchio diventa uno strumento tanto ricercato quanto temuto. “mi sento brutta” diventa molto di più dell’immagine allo specchio. C’è chi non esce di casa se non ha controllato e approvato la sua immagine allo specchio e chi invece si guarda poco e con paura, quasi temendo l’immagine che ne vedrà riflessa. Infine c’è chi plasma e modifica il proprio corpo fino a farlo diventare corrispondente ad una immagine ideale di sé, rischiando tuttavia di non esserne mai soddisfatto. Spesso quando guardiamo l’immagine di noi stessi riflessi allo specchio non osserviamo più il nostro corpo e il nostro viso con un occhio benevolo ma ci concentriamo soprattutto nella ricerca del difetto, promuovendo inconsapevolmente “l’oggettivizzazione” del nostro corpo così comune al giorno d’oggi.
Sicuramente il concetto di bellezza femminile è sostenuta dalle icone del cinema e della moda, ma come evitare di cadere nel tranello di dirsi “io sono come appaio ?”. Appurato che spesso è necessario iniziare un percorso psicologico volto al recupero della propria identità e autostima, talvolta possono essere d’aiuto anche l’esecuzione di alcuni semplici gesti, che inseriti nella nostra routine quotidiana possono aiutarci a fare pace con la propria immagine. Provate a chiedervi:
Da dove passano le coccole? Cosa fanno tutti i giorni le mie mani, le mie braccia? di chi e che cosa si prendono cura ?
Che cosa “racconta il mio corpo” ? le mie rughe, le mie smagliature, cosa raccontano di me ?
Come potrei “curarmi” di più per stare meglio con me stessa ? Molte donne oggi hanno difficoltà a ritagliarsi dei momenti per sé, mettendo in coda le proprie passioni e i propri bisogni dietro alla famiglia ed al lavoro. Riuscire a ritagliarsi dei momenti per sé senza sensi di colpa è un modo di ricaricare le energie per affrontare meglio le nuove avventure quotidiane.
Ricordandoci che imparare a conoscersi può essere un primo passo per fare anche quei cambiamenti che vanno verso il soddisfacimento dei nostri bisogni più profondi.