BASSA AUTOSTIMA E DISTURBI ALIMENTARI

A cura di: Dott.ssa Rebecca Rossi – Psicologa clinica

Tra le principali caratteristiche psicologiche correlate all’insorgenza e al mantenimento dei disturbi
alimentari si riscontrano insoddisfazione per il proprio corpo e bassa autostima.
L’autostima, in generale, viene definita come il giudizio che la persona ha di sé e del proprio valore.
Le persone con una bassa autostima nucleare credono di avere poco o nullo valore come individui,
tendendo ad avere una visione di sé globale negativa.
L’interazione tra una bassa stima di sé e disturbi del comportamento alimentare può derivare da
diversi fattori.
È emerso come una bassa autostima spesso implichi insoddisfazione corporea, dovuta all’immagine
negativa globale che l’individuo ha di sé. Nel tentativo di incrementare la propria autostima la persona
può mettere in atto condotte alimentari restrittive, atte a raggiungere i canoni estetici di assoluta
magrezza attualmente proposti dalla nostra società, adottando regimi dietetici rigidi e non salutari.
Inoltre, non avendo stima si sé e delle qualità che ci rendono unici al mondo, la persona con bassa
autostima sentirà il bisogno di sposare caratteristiche che siano socialmente condivisibili, che
sembra che la società approvi, inseguendo questi canoni e ideali di bellezza ma rendendoli rigidi e
stereotipati, non riuscendo comunque ad essere mai pienamente soddisfatta, in quanto nulla di
esterno può riparare un’immagine nucleare di se come persona di poco valore.
Ciò spesso crea un pericoloso circolo che si autoalimenta, in quanto la maggior parte delle persone
con bassa autostima è estremamente autocritica e il non riuscire a raggiungere gli obiettivi irrealistici
e autoimposti di peso, forma del corpo e controllo dell’alimentazione, può incrementare la sensazione
di inadeguatezza e incidere negativamente sulla stima già labile che l’individuo ha di sé.
La correlazione tra i disturbi alimentari e una bassa autostima può essere anche spiegata dal fatto che,
partendo dalla credenza nucleare di avere poco valore e di non essere abbastanza, la persona adotti
come strategia per affrontare questa credenza dolorosa dei comportamenti alimentari disfunzionali.
In questo caso, il cibo diventa uno strumento per modulare questi stati emotivi, potendo sfociare in
condotte di abbuffata (che spesso sono associate al tentativo di regolare stati d’animo difficili da
gestire), alle quali possono seguire o meno comportamenti di compenso (come esercizio fisico
eccessivo, utilizzo di improprio di lassativi e vomito autoindotto).
La bassa autostima si costituisce come un fattore di rischio nei disturbi del comportamento alimentare
anche quando, per compensare questa intensa sensazione di mancanza di valore, la persona attribuisce
un’eccessiva valutazione al peso e alla forma del corpo.
Infatti, l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo sono uno dei principali fattori di
mantenimento di un disturbo alimentare. La persona valuta infatti sé stessa, in modo predominante e
talvolta esclusivo, sulla base di peso, forma del corpo e sulla capacità di controllarli, basando su
questi aspetti il suo intero sistema di autovalutazione.
Come poter intervenire?
Il percorso di psicoterapia agisce su questi elementi con diverse modalità. La prima è un lavoro di
rielaborazione che riguarda il passato della persona, con l’obiettivo di comprendere come si sia
formata questa immagine nucleare di sé.
La seconda modalità riguarda il comprendere, nel momento presente, quali siano gli stati mentali nei
quali l’individuo agisce il sintomo alimentare per imparare ad adottare strategie più efficaci per far
fronte ai propri stati emotivi.
Infine, si cerca di aiutare la persona a costruire un presente e un futuro nei quali si possa sentire di
valore.
Risulta inoltre estremamente importante aiutare la persona ad adottare un sistema di autovalutazione
più funzionale, che poggi su più elementi e che coinvolga diversi ambiti della propria vita, non
focalizzandosi esclusivamente su peso e forma del corpo, aiutandolo a comprendere come questo
rigido sistema di valutazione sia disfunzionale e associato a numero rischi fisici e psicosociali.
È inoltre importante accompagnare la persona a sviluppare un maggior senso critico rispetto ai
messaggi di magrezza con i quali si confronta, che spesso provengono dai mass-media e che
propongono ideali e canoni estetici irrealistici e dei quali non vengono mai mostrati i costi, spesso
ingenti, in termini di salute e di benessere psico-fisico.

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